Gilgamesh

 

Andrea

 

Dario

 

Marcello

 

Miki

 

Franco

 

 

 

 

BABYLONIA BLUES

 

Concerto BlueStyle - Magazzino di Gilgamesh 15/05/09

 

 

Nessuno potrà accusare i BlueStyle di aver preso sottogamba l'impegno con il Gilga (ormai il rapporto si è così fraternizzato che ci permettiamo di chiamarlo con questo disinvolto diminutivo), nostrano tempio del blues. Non solo è stata curata maniacalmente la parte musicale, l'immissione in scaletta di nuovi pezzi (gesto di affetto e rispetto per chi ci segue regolarmente, per non riscaldargli sempre la stessa minestra), le rigorose sequenze degli assoli, i brucianti inizi e i perentori finali, le prestigiose e invidiate chitarre che i due chitarristi porteranno sul palco e si scambieranno fraternamente, la pronuncia delle strofe assegnate a Marcello… insomma, oltre ad ogni aspetto tecnico ci si è anche concentrati sull'immagine del gruppo entrando nello spinoso campo degli abiti da scena. Si è così scoperto che qualche bluestyler optava per una specie di divisa, o almeno per l'utilizzo di qualche accessorio distintivo (c'era chi proponeva cappelli alla tirolese, chi dei kilt scozzesi, chi l'uso di scarpe ortopediche). L'anticonformista scrollava le spalle e annunciava che sarebbe arrivato casual, senza alcun rispetto per le democratiche decisioni della maggioranza. L'esibizionista si annunciava in ridottissimo costume da bagno, per conquistare con l'esposizione del proprio corpo scultoreo l'attenzione e l'applauso delle più vogliose signore presenti. A questo punto venne spontaneo alzare la posta e proporre il minimale e un filino trasgressivo "sock on the cock", immortalato dai Red Hot Chili Peppers, che si presentavano sul palco indossando unicamente un calzino arrotolato sugli attributi. La proposta fu scartata avendo fatto qualcuno notare che il nevrotico rock dei Peperoncini non era compatibile e quindi emulabile dal più dignitoso blues. Alla fine la maggioranza dei musicisti – ed anche qualcuno fra il pubblico – indosserà un disinvolto ma elegante gilet, mentre il sottoscritto non rinuncerà al suo sombrero di cuoio per annunciare e caratterizzare l'intermezzo western.

Il Magazzino di Gilgamesh, come sanno tutti i buongustai, offre musica cucinata e condita da uno chef a 5 stelle, ovvero microfonata, amplificata, mixata e proposta da un impianto audio di qualità e coordinata da un fonico professionista che garantisce la migliore resa sonora sia al pubblico che sul palco. E' un grosso regalo per i musicisti potersi concentrare solo su cosa suonare e non doversi interrogare inquieti su cosa viene percepito in sala. Grazie, Claudio.

La sala si riempie, il ghiotto appuntamento ha portato qui stasera fedeli amici, ma anche visi che non vedevamo da tempo ed è doppia festa rincontrarsi in questa occasione. I fedelissimi evidenziano amareggiati che il glorioso nome del gruppo è spesso storpiato su articoli di testate anche prestigiose. Quando inventai il marchio, con quella accattivante S centrale a fungere da cerniera e snodo, non avevo previsto che sarebbe stato sezionato e frettolosamente ribattezzato Blue Style, Blues Style e quant'altro, ignorando il logo originale. Pazienza. Comunque, S più o meno, siamo sempre noi. Diffidate dalle imitazioni. Tutti pronti? Si parte! Inizia il concerto.

Com'è andata? Ah, non so. Dovete chiedere a chi il concerto l'ha sentito. Noi eravamo sul palco, non in sala. Allora, qualcuno ha qualcosa da dire?

 

 

 IL TRIONFO DEI BLUESTYLE

o

CHE COSA SI ERA FUMATO FRANCO?

 (di Isabella Basso)

 

Prologo - Partiamo dall’inizio, partiamo dal reclutamento dei BlueStyle per questa serata. Il primo contatto lo si deve a Miki Bergantino, che tre mesi fa aveva suonato al Magazzino di Gilgamesh (leggasi: storico e importante punto di riferimento per la musica dal vivo e in particolare per il blues nell’ambiente torinese) con i Chicago Sound Machine di Andrea Preto (cfr. 90° minuto: Golden Blues). Franco non poteva certo permettere che il suo tastierista andasse a ricamare assoli su pezzi suonati da altri senza il suo consenso, così si sentì in dovere di andare a dar loro la propria benedizione.

Poi fu la volta dei Divani su M’Arte (cfr. 90° minuto: Scrittore o musicista?), organizzati da Lord Theremin, ai quali Franco venne invitato a partecipare in qualità di scrittore, e che lo portarono al Magazzino di Gilgamesh un altro paio di volte. Insomma, Franco e Miki riuscirono infine a strappare... ehm... volevo dire, si offrirono benignamente di fissare, nella affollatissima agenda musicale dei BlueStyle, una data al Magazzino di Gilgamesh.

Da quel momento prese il via quella che Dario ha definito acutamente “psicosi pre-Gilgamesh” – e, da futura psicologa clinica, mi complimento con lui per la competenza dimostrata, rassicurandolo che tale patologia sarà certamente inclusa nella prossima versione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders).

Non solo prove (poche ma concitate), revisioni su revisioni della scaletta, nuovi pezzi in repertorio, ma addirittura scambi di mail frenetici su come vestirsi per la serata. Manco a farlo apposta, la scelta della divisa ricade su gilet dello stesso modello di quello che sfoggio io quella sera – giuro che non l’ho fatto apposta...

 

Svolgimento – Arrivati con impaziente anticipo e affamati, Simone, mio compagno di disavventure per la serata, e io ci diamo alla cucina cajun (ho scoperto come si pronuncia e sono disposta a rivelarlo dietro pagamento!).

Quando finalmente le luci si spengono e i musicisti vengono recuperati e issati sul palco, la sala è piena, la cucina funziona a pieno regime, la birra scorre a fiumi e io ho riconosciuto nel mio vicino di tavolo il proprietario della copisteria dove vado sempre per l’università.

I concerti dei BlueStyle non possono mai essere raccontati, descritti, recensiti. I concerti dei BlueStyle già in condizioni “normali” sono un’esplosione che ti strappa dalla sedia e che ti muove qualcosa dentro, like a rolling stone. I concerti dei BlueStyle non sono concerti, sono una festa, uno spettacolo pirotecnico, un incendio che divampa, un drago che avvolge il pubblico con le sue spire e lo fa tremare dal primo colpo di batteria all’ultimo. I concerti dei BlueStyle, anzi, i BlueStyle non andrebbero misurati in decibel, ma in newton, perché sono una forza. E se pensate che stia usando eufemismi e che li stia incensando, probabilmente è perché non li avete mai visti dal vivo.

Miki e Andrea giocano, si alternano, si inseguono in assoli sfavillanti praticamente in tutti i pezzi, ricamano arabeschi sferzanti ovunque vi sia spazio; l’uno a tratti si alza in piedi come se fosse un prolungamento delle proprie tastiere e non riuscisse a stare seduto fermo mentre la musica corre nell’aria, l’altro mette a segno intricatissimi grovigli di note a una velocità che rende faticoso seguire il movimento delle sue dita, senza alzare mai gli occhi dalle corde della sua chitarra.

Dario, sotto l’immensa testa di Gilgamesh che spicca sulla parete, picchia con maestria sulle sue casse, tamburi, piatti, quasi sprizzando ad ogni colpo energia che poi qualcuno degli altri si prende l’incarico di afferrare, rimodellare e mandare al pubblico, e costruisce insieme al basso di Marcello il corpo che chitarre, tastiere e voci andranno ad arricchire e adornare. Apprezzatissimo il suo assolo, che inevitabilmente lo costringerà d’ora in avanti a concederne almeno un paio a concerto.

Marcello... è Marcello! Marcello canta, grida, suda, salta, e intanto suona. Marcello si diverte, gioca con i suoi colleghi, Marcello non dà l’anima quando è sul palco, perché il palco è la sua anima, e lui dà semplicemente sé stesso. Parlando di lui, più tardi, al mio esprimere preoccupazione per le sue coronarie e per l'infarto che rischia ad ogni concerto, mio padre – che ha già avuto il piacere di vederlo esibirsi più volte – commenterà: “Secondo me l’infarto gli verrà se smetterà di farli, i concerti”.

E poi c’è Franco, che stasera non sappiamo bene quale sostanza abbia assunto, sta di fatto che non sta nella pelle. Presenta i pezzi, fa il mattatore, si avvicina a Miki per passargli, come un testimone, l’attenzione del pubblico, si scosta per dare piena visibilità a Dario, canta, dedica, interpreta, rompe una corda della Diavoletto, recita da incazzato – letteralmente recita – “Too Late”, mormora rauco il titolo di “Sad Old Red” facendo rabbrividire Marcello per poi fargli da controcanto nel ritornello, cosicché ne emerge una voce unica, potente e argentina, sussurra commosso a “Crazy Mama” che non sa quanto gli è mancata, sfotte con un sorriso la povera fidanzata di Hendrix cantando gli ultimi due versi di “Red House”, ci minaccia di non lasciarci tornare a casa se non intoniamo tutti il ritornello di “The Blues Is Alright”, si precipita nel “Blues del Mandriano” fino a diventare paonazzo, soffia come un mantice nella sua esplosiva armonica, si esibisce perfino – udite udite! – in tre assoli, annuncia sensuale “Fever!... feverfeverfever...”, ed è a questo punto che Marcello, candidamente, domanda: “Ma che cosa ti sei fumato stasera?”.

Franco cercherà di dissimulare, replicando che più che altro ha bevuto. Ora, se facciamo finta di credere che certi concerti siano davvero frutto solo dell’alcol, Marcello dev’essere caduto nella cisterna della birra da piccolo, come Obelix con la pozione magica, mentre Franco, come Asterix, la assume solo all’occorrenza. Ma anche mettendo nel conto l’alta gradazione della birra del locale... non ce la conti giusta, Franco! Non può essere stata solo la birra l’artefice della tua strepitosa performance sotto la testa di Gilgamesh!

Perciò, chiunque scopra che roba si fosse fumato Franco, è pregato di farla girare...

 

 Epilogo – Pubblico entusiasta; applausi agli assoli di tutti, compresi quelli vocali di Marcello; canzoni accompagnate dal battito di mani; due bis richiesti, e poi ci hanno lasciato a bocca asciutta solo perché non avevano programmato il terzo; pioggia di complimenti, non solo dai numerosi amici, ma anche da appassionati del genere e habitué del locale; Simone (uso alle intriganti sonorità folk della musica celtica e occitana) ha ondeggiato ipnotico come un cobra e tenuto il tempo sul tavolo per tutto il concerto; perfino il testone di Gilgamesh sulla parete sorrideva un po’ più benevolo, a fine concerto.

Le due rispettive insegnanti delle scuole medie che io e l’altro ex alfierino avremmo dovuto incontrare hanno dato forfait tutt’e due. Dal mio punto di vista, meglio così: se ci fosse stata anche Monica, in quel Magazzino, a condividere quella serata con me, con noi, nessuno mi avrebbe più convinta a venir via da quel paradiso musicale.

Come dite? Non sono obiettiva?

No, certo che no, cazzo! Ci mancherebbe! Come accidenti potrei se stiamo parlando dei BlueStyle?!?

 Home:  www.bluestyle.org