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A HARD DAY'S NIGHT AT NIGHT & DAY

 

Concerto al Night & Day di Druento - 24/04/07

Che bello! I BlueStyle non sono mai stati così uniti, così vicini!

In effetti sul palco recintato del delizioso risto-pub Night & Day siamo tutti uno sull’altro e non si riuscirebbe a farci stare neppure più uno spillo. Marcello minaccia trucemente il mio naso con la paletta del suo basso; io cerco di infilare il manico della mia Ibanez Artist nel ceruleo occhio destro  di Andrea e Dario è seppellito sotto a un divano. Paghiamo così lo scotto della popolarità di Andrea che, vivendo di musica, incontra ovviamente un sacco di bravi musicisti che poi tende a intrecciare nei vari progetti di cui fa parte. Questa volta è toccato (inizialmente) a Mike (Michelangelo) gorgogliante tastierista che un tempo suonava spalla a spalla col Nostro in un gruppo ispirato nientepopodimenoche ai Jethro Tull di Ian Anderson, flautista e menestrello che allo scoccare dei ’70 ci donò indimenticabili pezzi quali Living In The Past, Bourèe, Aqualung, We Used To Know, Locomotive Breath, in bilico fra il blues del primo chitarrista Mick Abrahams e le asimmetriche voglie scozzesi del leader. Pertanto, essendo stato invitato a jammare qualche pezzo sul finale del concerto, il compare ha dovuto incastrare sul palco sin dall’inizio la più piccola delle sue tastiere, grossa come una gondola, rinunciando a malincuore al suo blasonato organo Hammond, ingombrante come un mammut. E così, per tutto il concerto Marcello (che, avrete notato, nell’elenco iniziale sembrava quello messo meglio) ha suonato con quel catafalco puntato contro le sue delicate reni. Ma cosa non si fa per la musica e per gli amici!

Amici numerosi e di altissima caratura. Infatti, come sagacemente e audacemente osserverà il Corto, presente con la famiglia in prima fila, i musicisti rappresentano probabilmente la maggioranza del pur numeroso pubblico, accorso in massa a questo appuntamento sonoro una volta esaurito l’obbligo di assistere a non so quale fondamentale match calcistico. E così, con rassegnata incoscienza, chiamerò sul palco, o perlomeno nelle sue vicinanze, oltre al sunnominato ed ingombrante Mike, Eugenio, maestro indiscusso del Nostro, insieme all’inossidabile Zisa, triangolare chitarra slide dei Southern Steel ma già fondamentale bluestyler, nonché tal Franco, armonicista e cantante in crisi di astinenza da blues. Ma la giravolta di strumentisti non finirà qui, poiché pian piano tutti noi verremo sostituiti dai più giovani e recenti compagni del Nostro (e mi scuso fin d’ora per non averne memorizzato tutti i nomi) con cui rockeggeranno da par loro fra i ruggiti entusiasti della folla.

Il permaloso Cancro aveva avanzato un’unica sommessa richiesta. Memore di cosa può succedere in queste indiavolate improvvisazioni finali, dove tu cedi il tuo strumento all’amico di passaggio e così a rotazione, in una girandola di formazioni estemporanee, avevo suggerito che, al momento del saluto finale, dei ringraziamenti e del pezzo di chiusura, sul palco ci fossero i 4 bluestylers originali, titolari del concerto, più, ovviamente, tutti gli ospiti possibili. Naturalmente l’uomo propone e i vicini di casa del gestore dispongono: per cui, quando dal bar parte perentorio l’ordine di strappare i cavi e spegnere tutto - per evitare denunce, sfratti e gomme tagliate - Marcello, Dario ed io ovviamente non siamo sul palco, ma seduti fra il pubblico, con il trentenne Dario che mormora comprensivo “largo ai giovani”, seguendo con affettuoso sguardo da fratello maggiore le due sinuose coriste che scandiscono nei (nostri) microfoni: Co-me To-ge-ther!

Poco male. La serata è stata calda, affettuosa, partecipata. Come sempre abbiamo raccontato, spiegato e dedicato le storie che andavamo a cantare, omaggiando galantemente le fanciulle presenti, questa sera particolarmente affascinanti. Il finale in panchina in fondo ci ha favoriti, poiché reduci da una faticosa giornata di lavoro, passata al fianco di coraggiosi politici africani ospiti della più fortunata Europa, che dall’ottimismo e dalla sobrietà di questa gente del Sud del mondo ha probabilmente qualcosa da imparare. I BlueStyle cantano il blues dell’uomo nero, ma sicuramente con uno spirito ben diverso rispetto a quello che ha generato quei canti di dolore e di sfida e di acre umorismo. Il Bianco può cantare il blues (e talvolta anche bene), ma la sua anima rimarrà sempre troppo pallida e le sue tasche troppo piene per capire veramente ciò di cui sta parlando. Forse il nostro blues lo si trova altrove. Magari (oggi è il 25 aprile) nei canti irriducibili di chi continua a cercare l’Uguaglianza, la Libertà e la Giustizia. Magari nella Grande Famiglia dei Modena City Ramblers. Chissà? Sono i ragionamenti confusi che nascono con lo stomaco pieno di birra e la testa altrove, troppo stanchi per potersi addormentare. Nella notte di un duro giorno al Notte & Giorno.

Home:  www.bluestyle.org