Il Cantautore

 

 

 

 

Lord Theremin

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL LORD E IL CANTAUTORE

 

"'Na voce, 'na chitarra e un poco 'e rabbia" - Alpignano 30/01/09

 

Quando aveva dieci anni Barbara aveva predisposto un ponderoso "Dossier Papà" in cui mi analizzava e descriveva con affettuosa lucidità. In particolare il capitolo "Ho osservato papà mentre…" mi coglieva nella mia frequente attività di autore, sottolineando come il mio insopprimibile estro mi rendesse impermeabile al resto del mondo e alla buona creanza e solo dopo il burrascoso e geniale parto "… lancia un grido di felicità, va in salotto e ce la fa sentire. Finita, finalmente si ricorda di salutarci e la serenità torna sul volto di mia mamma."

Volendo utilizzare tutti i colori della mia sia pur limitata tavolozza musicale, avendo già proposto dotti studi e ricchi esempi di blues e folk e country, questa sera ho deciso di presentare agli amici del venerdì culturale proprio un estratto della mia produzione da cantautore. Inizio spiegando dottamente come una volta le canzonette nascessero prima sul pianoforte di un compositore professionista, il quale forniva poi a un paroliere professionista la traccia su cui incollare le parole. "Il metro fa così: venticinque ottantaquattro sessantuno…" e il paroliere, a cui serviva null'altro che questa asettica scansione, poteva ricavarne, per esempio "Inseguendo una libellula sul prato…", decidendo lui l'argomento da abbinare alla melodia. Un terzo individuo, l'interprete professionista, dava poi fiato e presenza scenica al prodotto. Interprete, quindi solo portavoce, senza necessariamente un'identificazione con la canzone stessa e il suo messaggio.

Poi, fra gli anni '50 e '60, arrivarono i cantautori, artisti a tutto tondo che se la pensavano e scrivevano e suonavano e cantavano, mettendoci faccia, cervello e cuore, rispondendo di musica, parole e emozioni, esponendosi al pubblico senza pudore, in mutande e maglietta (metaforicamente, s'intende: la censura dell'epoca non avrebbe certo permesso ciò che Gianni Morandi, decenni dopo, osò serenamente in tv.)

"Colleghi cantautori, eletta schiera - che si vende alla sera per un po' di milioni" inveiva Guccini nell'Avvelenata (e tutti noi sappiamo come rimò "milioni" nel verso successivo). Io invece ne usai l'incipit per una dichiarazione di affetto e rispetto ai miei fratelli maggiori: Paoli, De Andrè, Guccini, Vecchioni, Branduardi, Dalla, Gaber.

"Colleghi cantautori, amici miei – voi date ali ai nostri sogni belli

Dipingete visioni ed emozioni – usando le chitarre per pennelli

scusate se mi sento uno di voi."

La serata si snocciola analizzando le ispirazioni di un cantautore (di questo cantautore); sotto il titolo "'Na voce, 'na chitarra e un poco 'e rabbia", con un ossessivo uso della rima, usata nelle metriche più improbabili, racconto storie e personaggi: Giulio Cesare, il corsaro Morgan, Corto Maltese…

Un gabbiano mira a un pesce – non ci riesce

si rituffa più lontano

il Pacifico è il suo nome – non so come

è uno specchio blu prussiano

la goletta ora non viaggia – è sulla spiaggia

adagiata su di un fianco

il cacciatorpediniere – le bandiere

mostra in rosso blu e bianco…

 parlo di amori più o meno felici, sfioro lo Zodiaco e la Magia…

"Niente ti sarà dato – che tu non ti sia sudato

e smetti di fantasticare – senza ali non si può volare.

Maledizione! non c'è uno stregone

che ti possa creare un filtro d'amore

e neppure un mago che ti trovi in un lago

una spada fatata, o una gemma incantata."

e sotto la voce "rabbia" infilo un blues di sarcasmo e indignazione per un mondo violento, mercantile e ipocrita che, così com'è, non ci piace:

"Buongiorno a tutti quanti. Non vi ricordate di me?

E' vero: io frequento poco TV e giornali perchè

io vendo cannoni e mi serve un po' di privacy

ma son io la spina dorsale dell'economia di oggidì.

 C'è solo il commercio di droga che renda più di così

ma io amo e rispetto la legge non voglio, non devo arrivare fin lì

io vendo cannoni, lo vuole questa società

che deve pur sfogare la sua aggressività.

… e ogni tanto, lo sappiamo, un Lupo Cattivo s'inventerà.

 Lo spettacolo di una sola voce + chitarra è un po' misero e datato, ne convengo. Ma mi sono tenuto un asso nella manica, e che asso! A un certo punto sale sul palco Lorenzo (o come dicevan tutti, Renzo) Giorda, da me ribattezzato Lord Theremin in onore alla sua bravura sul suo incredibile strumento. Per chi non lo sapesse (spiegavo in un lontano 90° del 2005), si tratta di uno strumento elettronico inventato dall’omonimo fisico e violoncellista russo, comandato a gesti. Dalla piccola scatola nera fuoriesce un’antenna verticale ed una specie di resistenza per lavatrice; il campo oscillante generato dall’apparecchio subisce modifiche in frequenza e ampiezza a seconda di come si avvicinano o si allontanano le mani del musicista: la sinistra regola il volume e la destra l’intonazione… insomma, come nelle foto. Il suono che ne scaturisce è liquido e inquietante, onirico e emozionante e con quello Renzo stende un magico tappeto su cui fa volare le mie canzoni. Nell'intermezzo si esibisce su alcune basi di Morricone, a cui aggiunge una terza dimensione, spessore e intuizione. Il pubblico è, giustamente, affascinato e allibito. Un amico seduto in fondo alla sala non si capacita: "Ma ci sono delle corde, vero? Da qui però non le vedo…". No, signori, niente corde e niente trucchi: Lord Theremin suona l'aria, ed i suoi gesti, concentrati, compresi, attenti, rappresentano da soli uno spettacolo a sé.

Smontando il palco, smaltendo l'alcool ingurgitato per darmi fiato e coraggio, penso alla mia fortuna, a quanti musicisti eccellenti ho conosciuto e frequentato e accompagnato e mi hanno aiutato a vestire e spingere le mie proposte musicali. Musicisti, ma soprattutto amici. Grazie Lorenzo. (… o, come dicevan tutti, Renzo).

 

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