Gli avvoltoi hanno fame

 

Bad Girls

 

L'occhio caldo del cielo

 

 

 

Johnny Guitar

 

La legge del più forte

 

 

La magnifica preda

 

 

 

 

L'ultima notte a Warlock

 

Terra di confine

 

 

 

I magnifici sette

 

 

 

 

 

 

 

 

MY RIFLE, MY PONY AND ME

Guida personale e faziosa al genere western

 

Poche donne apprezzano i film western. In genere è un genere da maschietti, con un cast dove le fanciulle raramente emergono per interpretazioni e ruoli memorabili. E’ un genere circoscritto a un periodo storico (la seconda metà del XIX secolo, con poche eccezioni), a un territorio (l’Ovest degli Stati Uniti, come pretende il nome), regolarmente imbottito di violenza, sparatorie, soprusi, sfide e vendette. I cattivi sono per lo più impersonati da spietati fuorilegge, sanguinari pellirossa, prepotenti allevatori, reggimenti stranieri (messicani o francesi); i buoni di regola sono in inferiorità numerica, sceriffi solitari, taciturni pistoleri, rocciosi ufficiali dell’Unione, confederati sconfitti e in cerca di riscatto; salvo qualche caso in cui le carte vengono sapientemente mischiate e la storia presenta sfaccettature e soluzioni inedite.

Amo il western. Mischiando i suoi limitati colori primari (il rosso della violenza, il blu della solitudine, il giallo dell’eroismo) e nonostante i suoi prefissati confini, riesce a trarne storie variopinte ed emozionanti. Voglio qui presentarvi una selezione, una classifica dei miei preferiti, quelli che sono sempre pronto a rivedere (da bravo cancerino infantile rifuggo dalle novità e mi rassicura il già visto e il già vissuto). Ma attenzione: non troverete qui molti dei titoli più noti ed acclamati, indiscutibili pilastri del genere, ma a cui preferisco qualche pellicola un po’ meno nota.

Non metterò perciò in classifica molte opere del maestro indiscusso John Ford (Ombre rosse; Sfida infernale; In nome di Dio; Sentieri selvaggi; I dannati e gli eroi; L’uomo che uccise Liberty Valance; la trilogia della cavalleria: Il massacro di Fort Apache, I cavalieri del Nord Ovest, Rio Bravo), nè del suo attore feticcio John Wayne, sicuramente l’archetipo dell’eroe del West, in opere firmate da altri registi (L’ultima conquista; Hondo; Il Fiume Rosso; La battaglia di Alamo; Pugni, pupe e pepite; McLintock; I 4 figli di Katie Elder; El Dorado; Carovana di fuoco; Il Grinta; I due invincibili; Rio Lobo; Chisum; I cowboys); di Sergio Leone proporrò solo un titolo e non quello che vi aspettate voi; di Clint Eastwood idem (tralasciando le storie più cupe e simboliche come Lo straniero senza nome; Il cavaliere pallido; Gli spietati); cito qui con rispetto il ciclo di Ranown (nome della casa di produzione) di Budd Boetticher, con interprete fisso il pacato Randolph Scott (I sette assassini; I tre banditi; Decisione al tramonto; Il cavaliere solitario; L’albero della vendetta); salterò tutti i titoli di Sam Peckinpah (Sierra Charriba; Il Mucchio selvaggio; Pat Garrett & Billy the Kid; La ballata di Cable Hogue), come pure Soldato blu, troppo deprimenti per i miei gusti.

Ometterò altresì capitoli fondamentali (che pure è doveroso conoscere) come Mezzogiorno di fuoco (1952, di Fred Zinnemann, con Gary Cooper, Grace Kelly); Sfida all’OK Corral (1957, di John Sturges, con Burt Lancaster, Kirk Douglas); Quel treno per Yuma (1957, di Delmer Daves, con Glenn Ford, Van Heflin); La conquista del West (1962, di Ford/Hathaway/Marshall, con un cast all stars); Cowboy (1958, di Delmer Daves, con Glenn Ford, Jack Lemmon); Gli inesorabili (1960, di John Huston, con Burt Lancaster, Audrey Hepburn); un po’ di Uomini assortiti (Un uomo chiamato cavallo; L’uomo dai sette capestri; L’uomo del West; L’uomo di Laramie; L’uomo senza paura; Il piccolo grande uomo) e infine Stringi i denti e vai (1975, di Richard Brooks, con Gene Hackman, James Coburn, Candice Bergen) atipico western crepuscolare dove il vero protagonista è il cavallo.

Eccovi quindi due dozzine di opere (proposte col titolo, a volte assurdo, inventato dal distributore italiano), in maggior parte realizzate nel magico periodo 1950/61, che rappresentano la mia prima scelta, ordinate, come in ogni classifica che si rispetti per mantenere alta la suspence, dall’ultimo al primo. Se alla fine vi avrò incuriosito e deciderete di vederne qualcuno ne sarò felice.

 

24. Il texano dagli occhi di ghiaccio  (1976, di e con Clint Eastwood). Odissea di un agricoltore sudista a cui i nordisti massacrano la famiglia. Diventa così guerrigliero e poi fuorilegge. Cercando di sfuggire agli inseguitori ha incontri e scontri con indiani (simpatici), bianchi (antipatici), donne (vecchie e giovani) e alla fine riesce a ricostruirsi una vita in pace, dopo aver saldato tutti i debiti.

23. I Comanceros  (1961, di Michael Curtiz, con John Wayne, Lee Marvin). Il ranger Wayne, con l’aiuto di un giocatore d’azzardo (Stuart Whitman), cercando di ingannare il losco trafficante Marvin, insegue un gruppo di banditi che vendono armi agli indiani. Saranno aiutati dalla bruna figlia del capo nemico, innamoratasi del belloccio Stuart. Simpatici i battibecchi e gli scontri (sempre a favore del massiccio Wayne) fra il ranger e il giocatore.

22. Gli avvoltoi hanno fame  (1970, di Don Siegel, con Clint Eastwood, Shirley McLaine). In Messico la simpatica Shirley è una eroica puttana travestita da suora; Clint, ingannato dalle apparenze, le salva la pelle e le dà una mano, lasciandosi coinvolgere in una missione contro i francesi oppressori. Resteranno insieme anche a cose fatte.

21. Bad girls  (1994, di Jonathan Kaplan, con Madeleine Stowe, Andy MacDowell, Drew Barrymore, Mary Stuart Masterson). Raro esempio di western al femminile; le ragazze sono, ovviamente, prostitute che si ribellano alle violenze di un cliente, lo uccidono, scappano e cercano di ricostruirsi una vita decente. Trama forse scontata, ma le interpretazioni e le caratterizzazioni delle ragazze (la ex-pistolera, la testa calda, la timida, la romantica) sono degne di nota.

20. L’occhio caldo del cielo  (1961, di Robert Aldrich, con Kirk Douglas, Rock Hudson, Dorothy Malone, Carol Linley). Carol è la figlia di Dorothy e – udite, udite! – del pistolero fuggiasco Kirk, ma lui non lo sa e se ne innamora (come noi tutti). Poiché l’incesto non è contemplato a Hollywood, quando lui scoprirà la verità deciderà di togliersi di mezzo in maniera drastica. Noi ragazzini eravamo equamente divisi nell’ammirazione fra la biondina che danza a piedi nudi nel suo vestito giallo, e la Derringer a due canne che Kirk teneva infilata nella cintura (per “sentirla sempre contro la pancia”). Da adulti (?) ce ne procureremo un’eccellente imitazione (della pistola).

19. Pronti a morire  (1995, di Sam Raimi, con Sharon Stone, Gene Hackman). Raimi ci ha abituato a una regia demenziale, con rallenty, effetti speciali e situazioni assurde. Gene nel film si chiama Herod – nomen omen – ed è il crudele padrone di una cittadina dove ogni anno indice un torneo di duelli per eliminare i suoi nemici. Questa volta però se la deve vedere con la vendicativa Sharon, il figlio naturale (Leonardo DiCaprio) e un ex compare (Russell Crowe). Poichè Herod è troppo forte bisognerà inventarsi qualcosa.

18. Uomini e cobra  (1970, di Joseph Mankiewicz, con Kirk Douglas, Henry Fonda). Mankiewicz è il grande sceneggiatore e regista di capolavori d’impianto teatrale come Eva contro Eva, La gente mormora e Lettera a tre mogli. Douglas è un rapinatore che ha nascosto il suo bottino prima di essere acciuffato e chiuso in penitenziario. La sua intelligenza e parlantina gli procurano la stima dell’idealista direttore Fonda e l’ammirazione dei compari. Sfrutta l’una e l’altra per organizzare un’evasione in cui sacrifica cinicamente i suoi colleghi di sventura. Ma ha fatto i conti senza l’oste per un finale a sorpresa. Ovviamente in Arizona non ci sono cobra, ma serpenti a sonagli. Il titolo originale sarebbe: C’era una volta un uomo storto. I nostri traduttori sono incredibili.

17. Johnny Guitar  (1954, di Nicholas Ray, con Joan Crawford, Sterling Hayden). Vienna è la grintosa proprietaria di una casa da gioco che verrà valorizzata dalla prossima costruzione di una ferrovia e ciò basta ai maggiorenti del luogo per osteggiarla e cercare di cacciarla. Lei chiama in aiuto un suo ex, il pistolero Johnny “Guitar” Logan, che all’inizio dissimula la sua abilità. Situazione tesa, tragica, violenta, in cui il regista ha voluto echeggiare le persecuzioni maccartiste dell’epoca. Bella la figura maschile di Johnny, ironico, solido e senza illusioni. Di lei si dice: “Mai vista una donna che fosse più uomo!”

16. La legge del più forte  (1958, di George Marshall, con Glenn Ford, Shirley McLaine, Leslie Nielsen). Ford vince a poker un gregge di pecore e decide di portarle in una cittadina di mandriani che vedono le pecore come il fumo negli occhi. Così, immaginando che non sarà facile farsi accettare, sin da subito si presenta per quello che è, e cioè un ottimo pistolero, abile picchiatore e persona estremamente decisa e risoluta. Western semiserio e ironico con godibili scambi di battute fra l’eroe e l’antagonista. “Come mai ora ti fai chiamare colonnello?” “Mi serviva un’identità rispettabile e cosa c’è di più rispettabile di un colonnello?” “Be’, un generale.” “Sono troppo giovane.”

15. La magnifica preda  (1954, di Otto Preminger, con Robert Mitchum, Marilyn Monroe). La ragazza sbandata dal cuore d’oro e il solido e rude uomo del west col suo figlioletto sono trascinati in un pericoloso viaggio su una zattera sul fiume detto “senza ritorno”. La Monroe come sempre riesce a illuminare lo schermo da sola.

14. Tamburi lontani  (1951, di Raoul Walsh, con Gary Cooper). Reparto USA guidato da un solitario capitano (Cooper) che vive col figlioletto mezzo-sangue in un’isoletta appartata, penetra nelle paludi della Florida per distruggere un fortino di trafficanti di armi. L’impresa riesce ma il ritorno è faticoso e drammatico. Girato in un territorio in parte inesplorato e controllato dai Seminoles, all’epoca non ancora pacificati.

13. Silverado  (1985, di Lawrence Kasdan, con Kevin Kline, Scott Glenn). Film che rivitalizzò il western dopo un periodo di oblio, mette tutti insieme i vari stereotipi del genere: pistoleri con un passato oscuro, la carovana di pionieri, i banditi, lo sceriffo corrotto, il giocatore, la ragazza seria, la ragazza facile, la padrona del saloon, i coloni di colore vessati dai prepotenti allevatori. Alla fine ogni eroe sconfiggerà (leggi: farà fuori) il rispettivo avversario.

12. Lo sperone nudo  (1953, di Anthony Mann, con James Stewart, Robert Ryan, Janet Leigh). Storia senza eroi, dignità, umanità. Stewart insegue l’assassino Ryan, in fuga con la sua ragazza, ma lo fa solo per la taglia, di cui ha bisogno per ricomprare il suo ranch. Deve però accettare di prendere come soci un vecchio cercatore d’oro e un ufficiale disertore. Ryan è diabolico e astuto e ha buon gioco nel metterli uno contro l’altro, fino al drammatico finale. Girato tutto in esterni a Durango, nel Colorado.

11. Vera Cruz  (1954, di Robert Aldrich, con Gary Cooper, Burt Lancaster). L’ex colonnello sudista Cooper e l’avventuriero Lancaster vengono assoldati dall’imperatore del Messico Massimiliano d’Asburgo per scortare fino a Vera Cruz la carrozza di una affascinante contessa. In realtà nel veicolo è celato un milione di dollari che fa gola a tutti: i due protagonisti, la banda di Burt, la contessa, il capitano dei lancieri, i ribelli juaristi. Duello finale che salderà i conti e cambierà la vita dei sopravvissuti.

10. L’ultima notte a Warlock  (1959, di Edward Dmytryk, con Henry Fonda, Richard Widmark, Anthony Quinn). Warlock è cittadina violenta e gli abitanti decidono di assoldare come sceriffo un famoso pistolero (Fonda) accompagnato dall’amico sciancato, giocatore e guarda-spalle Quinn. Fonda è lucido e sa bene che i suoi metodi e il suo potere presto gli alieneranno le simpatie dei suoi committenti; forse ha trovato l’amore, vorrebbe smettere e sistemarsi e favorirebbe il passaggio di consegne con un giovane cowboy locale (Widmark). Ma le cose non sono così semplici, dal passato emergono tragici dubbi, la situazione precipita e le sue famose pistole dal calcio d’oro escono dalle fondine un’ultima volta.

9. Cavalcarono insieme  (1961, di John Ford, con James Stewart, Richard Widmark). Sceriffo avido e egoista (Stewart) accetta di malavoglia di accompagnare giovane ufficiale (Widmark) a individuare e riscattare dei bianchi prigionieri da anni dei Comanches. L’impresa terminerà in modo drammatico, ma servirà a far cambiare vita allo sceriffo. Come sempre Ford mescola ironia, spacconeria, ipocrisia, coraggio, senso della comunità.

8. Il grande paese  (1958, di William Wyler, con Gregory Peck, Charlton Heston, Jean Simmons). Le praterie del New Messico sono sterminate, un grande paese, ma non impressionano il capitano di marina Peck che di più grande ha visto l’oceano. Poichè è conscio delle proprie capacità e ritiene di non dover dimostrare nulla a nessuno, non si lascia attirare nelle sfide, negli scherzi e negli insulti dei cowboys, attirandosi così la fama di codardo e rovinando il rapporto con la fidanzata, orgogliosa figlia di uno dei proprietari locali. Troverà di meglio nella maestrina del paese e al momento giusto salderà tutti i conti e scioglierà gli intricati rapporti di potere e di violenza del territorio.

7. Terra di confine  (2003, di e con Kevin Costner, Robert Duvall, Annette Bening). Costner, si sa, evita atteggiamenti urlati e retorici e dirige e interpreta un film color fango, semplice nella descrizione della faticosa quotidianità di un piccolo gruppo di mandriani che a un certo punto deve opporsi alla violenza del solito allevatore potente e prepotente. Il Charlie di Costner è un anti-eroe, di poche parole e con un passato pesante che gli provoca ancora incubi notturni. Ma per amicizia e testardaggine appoggia il suo capoccia (Duvall) e affronta gli avversari con abilità e determinazione.

6. Soldati a cavallo  (1959, di John Ford, con John Wayne, William Holden). Un episodio storico della guerra di secessione, un’audace incursione di un reggimento nordista nel cuore del Sud per distruggere un importante nodo ferroviario e bloccare i rifornimenti del nemico. John Wayne è il comandante che deve raggiungere il suo obiettivo ad ogni costo, William Holden il medico più preoccupato della salute dei soldati che delle esigenze della missione. I due sono in perenne polemica (si chiamano vicendevolmente “macellaio” e “manovale”) e in più si innamorano entrambi di una bella e fiera sudista che han dovuto portare con sè per impedirle di rivelare la loro presenza. La guerra è guerra, ma gli episodi di stima e rispetto del nemico si sprecano. Come sempre John Ford alterna azione, tensione e episodi umoristici.

5. Il cavaliere della valle solitaria  (1953, di George Stevens, con Alan Ladd, Van Heflin, Jean Arthur). Shane (Ladd) è un pistolero romantico e solitario che arriva in una ampia valle del Wyoming dove è in corso la storica lotta fra allevatori e agricoltori. Si ferma presso una famiglia di coloni, gli Starrett, marito, moglie e figlioletto, colpito dalla loro ospitalità, dall’ammirazione del piccolo nei suoi confronti, dalla grazia ritrosa della donna. Si batterà al loro fianco e risolverà il conflitto andandosene subito dopo. Film di culto, citato nel thriller Il negoziatore, dove i due protagonisti dibattono se Shane alla fine sia ferito a morte o se ne vada incolume. Discussione oziosa perché noi sappiamo che Shane è indistruttibile.

4. Per qualche dollaro in più  (1965, di Sergio Leone, con Clint Eastwood, Lee Van Cleef, Gian Maria Volontè). Secondo episodio della trilogia del dollaro, forse il meno noto ma per me il più godibile. Belle le geometrie triangolari fra il giovane e cinico bounty killer detto il Monco (perché usa la destra solo per sparare), l’esperto colonnello Mortimer in cerca di vendetta (un Lee Van Cleef strappato all’oblio e alla bottiglia e rilanciato da questa interpretazione), il crudele e machiavellico desperado detto l’Indio. Indimenticabile il cameo di Klaus Kinski nella parte di un bandito psicopatico e deforme. Se Leone si era ispirato (copiato?) per il primo episodio a La sfida del samurai di Kurosawa uscito quattro anni prima, questa sceneggiatura è tutta italiana, il primo successo originale degli spaghetti western.

3. I magnifici sette  (1960, di John Sturges, con Yul Brinner, Steve McQueen). Chris il capo, Vin il giustiziere, O’Reilly il forte, Britt il rude, Lee il vendicativo, Harry Luck il rapace, Chico il cadetto. Da ragazzino avevo imparato a memoria i nomi e gli appellativi dei personaggi. La storia è la rivisitazione dei Sette samurai di Kurosawa: un gruppo di pistoleri, raccolto con difficoltà da Brinner, decide di difendere un villaggio oltre confine dalle scorribande del bandito Calvera (Eli Wallach). Anche se mercenari, la dignità e l’onore li porteranno a un ultimo scontro in cui libereranno definitivamente il villaggio pur restando decimati nella battaglia. A parte i già famosi Brinner e Wallach, per gli altri attori (Steve McQueen, Charles Bronson, James Coburn, Robert Vaughan) questo film rappresentò l’avvio delle loro fortunate carriere. Un hit la colonna sonora di Elmer Berstein eseguita da Al Caiola.

2. Un dollaro d’onore  (1959, di Howard Hawks, con John Wayne, Dean Martin). Scritto dal regista e sua figlia, fu pensato come risposta polemica a Mezzogiorno di fuoco e Quel treno per Yuma dove, secondo Hawks, c’erano degli sceriffi troppo pavidi e molli, cosa che non si può certo dire del granitico Wayne. “E’ il capolavoro del western urbano” (A.Viganò); la storia si svolge tutta nella polverosa strada centrale di Rio Bravo, in fondo alla quale c’è l’ufficio dello sceriffo Wayne che ha imprigionato l’assassino di un suo vecchio amico (Ward Bond) e deve resistere ai tentativi di liberarlo da parte del ricco e potente fratello. Ad aiutarlo c’è Dean Martin, un vice sceriffo diventato ubriacone per una delusione amorosa; Walter Brennan, un vecchietto sciancato e petulante; Ricky Nelson, un giovane pistolero inizialmente restio a mettersi di mezzo e Angie Dickinson, una affascinante giocatrice di poker innamoratasi di quel bisteccone dello sceriffo. Prima dello scontro finale il cattivo fa suonare tutta la notte il Deguello, cioè il tema musicale che annuncia uno scontro senza quartiere e suonato ad Alamo dall’esercito messicano prima dell’ultimo assalto. I due affermati cantanti Martin e Nelson si producono in un paio di belle canzoni, fra cui quella che dà il titolo a questa mia classifica. Da gagno (= bimbotto piemontese) ricostruivo la storia e lo scenario sul tavolo di cucina con costruzioni di legno e soldatini di plastica.

1. Winchester ’73  (1950, di Anthony Mann, con James Stewart). Stewart, accompagnato dall'amico Sputa-l'osso ("Col trattino in mezzo: mi ci siedo sopra quando sono stanco") è in cerca di qualcuno. A Tombstone lo sceriffo Wyatt Earp (quello dell'OK Corral) fa posare a tutti le armi per sicurezza. Entrando nel saloon Stewart vede un tale ed entrambi fanno il gesto di estrarre precipitosamente le pistole che invece hanno lasciato dallo sceriffo. Earp, sornione, informa: "E' lui, Dakota Brown. Non mi avevate detto che non lo conoscevate?" J.S. brontola: "Vi avevo detto che non conoscevo quel nome." L'odio è tangibile, ma essendo disarmati non succede nulla. C'è una gara di tiro a segno con in palio un prestigioso fucile Winchester, raro e prezioso. I due avversari sbaragliano gli altri concorrenti dimostrando grande abilità. Alla fine vince J.S. ma Dakota lo sorprende, lo stordisce, ruba il fucile e scappa. Earp commenta: "Non so cosa ci fosse fra voi due, ma ora c'è anche il fucile!" La trama è questa. Il fucile passerà di mano in mano, fra sparatorie e tradimenti, assalti indiani, partite a carte, rapine in banca, intermezzi romantici, fino allo scontro finale, dove scopriremo, per bocca di Sputa-l'osso, cosa c'è dietro questa inesorabile caccia all'uomo. Western moderno, psicologico, godibile. Una volta capito il meccanismo l'attenzione è tutta per indovinare/apprezzare/prevenire chi e in che modo sarà il prossimo - temporaneo - possessore dell'arma.

E come bonus eccovi L’assedio delle sette frecce (1953, di John Sturges, con William Holden, Eleanor Parker) in rima!

 

Seven Arrows

La caccia a quei sudisti - la dai, ti piaccia o no

sei il loro carceriere - e poi ti brucia un po’

che è lei che ha organizzato - la fuga da Fort Bravo

e i suoi capelli rossi - t’han reso cieco e schiavo:

non c’è uomo più sciocco - di un uomo innamorato

e la bella texana - t’ha proprio abbindolato.

Ma sei fatto di ferro - di legno ben scolpito

hai ingoiato il rospo - in sella sei salito

e in ventiquattro ore - li hai già ripresi tutti

non le hai detto parola - solo due sguardi asciutti.

Ora si torna indietro - ma siamo in Arizona

e i torvi Mascaleros - presidiano la zona

vi attaccan nel deserto - vi assedian fra le dune

circondando la fossa - con lance, frecce e piume.

Ci rimetton la buccia - in tanti, già si sa,

ma è il poeta vigliacco - che poi vi salverà

tu e la rossa texana - che da un po’ si è pentita

e che infine decide - di riempirti la vita.

Tu sei fatto di ferro - e l’hai ben dimostrato

ma di ferro non è - il cuore innamorato.

 

 

17/01/15

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