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Clarence

 

 

 

 

Clarence "Gatemouth" Brown è morto in Texas nel settembre 2005 a 81 anni dopo esser stato costretto ad abbandonare la propria casa in New Orleans per sfuggire all'uragano Katrina.

 

 

 

HATS OFF TO Mr. BROWN!

concerto di Torino - 14/3/1997   (resoconto tratto da "Il Blues & il Graal")

La coda alla biglietteria del Conservatorio è pressoché infinita, ma la soddisfazione è di ottenere alla fine posti numerati in galleria, che evitano spintoni e corse. Finalmente le luci si abbassano e inizia la seconda serata del terzo “Torino Blues Festival”. 

Entrano i Turbanaires, quattro giovanotti bianchi provenienti dal profondo Sud: uno dalla Louisiana, uno dal Mississippi, uno dal Texas e uno dal Tennessee. Tre hanno la giacca, tre hanno la cravatta, tre hanno gli occhiali più o meno scuri, tre hanno la barba. Il chitarrista ha anche un cappello di pelle nera che, sotto le lampade a perpendicolo, gli nasconde la faccia. Gli strumenti sono rigorosamente d'epoca: una Telecaster Butterscotch blonde, un basso Precision e addirittura un organo Hammond completo di cassa Leslie arrivato come ci informa Franco Lucà del Folk Club in veste di presentatore e organizzatore fin da Chiavari.

I ragazzi attaccano con una strumentale Help The Poor a cui fanno seguire l'inevitabile Hoochie Coochie Man cantata dal chitarrista che si esibisce in un urlo strappatonsille stile me-che-faccio-il-blues-del-mandriano. Io mi chiedo se il repertorio sarà tutto di covers arcinote e, in questo caso, se si sono messi d'accordo con l'altro gruppo, ma in realtà i miei timori sono infondati. Perché a questo punto viene annunciata la vocalist titolare del set: Marion James. Eccola, paludata in un improbabile e kitsch abito lamè, con una mantellina di tulle rosa e strisce rosa svolazzanti che le pendono dalla cintura, collane di perle e diadema sui capelli neri. È alta e si capisce che da giovane doveva essere una fanciulla notevole, gamba lunga e curve al posto giusto. Ma Lucà l'ha annunciata affermando che fa concerti da quarantasette anni e quindi la sessantina deve averla passata per forza. Però, a parte un po' di pancetta, l'età non l'ha domata più di tanto. Saluta e oscilla sui tacchi alti misura 46 e attacca: sembra Sex Machine ma invece si trasforma, con nostra sorpresa, in I Just Wanna Make Love To You. La voce è potente, la musica grintosa, anche se un po' confusa, gli applausi generosi. C'è una bimba in prima fila e Marion le dedica una canzone e le offre una rosa portatale dagli organizzatori. Due bis a furor di popolo (sono bravi e sono piaciuti) e poi una pausa, in attesa di Mr. Clarence “Gatemouth” Brown, stella della serata. 

 

Lucà ce lo presenta come "uno che il blues l'ha inventato" e che quindi, a 73 anni di età, può permettersi di giudicare Eric Clapton "bravino, ma che deve ancora farsi". Altri piccoli aneddoti (i due batteristi della serata che si sono ritrovati qui a Torino dopo vent'anni che non si vedevano più, pur essendo della stessa città e quartiere e stanno ancora dandosi pacche sulle spalle), poi il gruppo entra alla spicciolata. Il sax contralto  è biondo, basso e grasso, diciamo pure obeso, poveretto. Di lì a dieci minuti non noteremo più la sua stazza. Il pianista, in pantaloni neri e camicia bianca sembra un cameriere. Avremo tempo e modo di guardarlo con occhi diversi e più rispettosi. Il bassista è alto e baffuto, socievole e pacioso. Il batterista è biondo, giovane e tosto. 

Infine arriva lui, Mr. Brown, magro e secco, vestito di scuro e con un cappello texano sul capo. Cappello, pelle e ombra ne fanno una nera presenza indistinta là sul palco. Imbraccia la chitarra (una Ibanez Artist sunburst che stasera sostituisce la sua storica Gibson Firebird III no-reverse del '66), sistema e sposta un capotasto mobile e via! È l'inizio di quasi due ore di sorprese, tensione, allegria, virtuosismi. I pezzi sono in gran parte strumentali, spaziando con ironia e faccia tosta fra blues, rhythm & blues, jazz, country (passa con disinvoltura dalla chitarra, al violino e alla viola!), zydeco (il “blues con la fisarmonica”), cajun e square dance. Pur ispirandosi a T-Bone Walker, il linguaggio è più abrasivo e lo stile più denso. Ci propone Honky Tonk, ma anche classici pop come Rosamunda e Unchained Melody, swingatissimi pezzi jazzati, gighe della Louisiana, country tunes texane che diventano man mano sempre più frenetiche. Il violino lo pizzica, lo percuote, impugnando l'archetto quasi a metà, come un martello. Poi, ogni tanto lascia improvvisare i suoi e si limita a tirare qualche boccata dall'immancabile pipa, quella che compare in ogni sua foto su ogni suo disco. Il violino imita il soffio della locomotiva e il fischio d'ammirazione, mentre con la chitarra parla, miagola e rulla. Il batterista passa da furiose mitragliate a basi metronomiche. Il tastierista invece alterna i fraseggi gonfi dell'Hammond con velocissimi turbo-assoli di piano elettrico nei pezzi più country. Riescono a sfumare i finali dei pezzi così, al naturale, senza l'intervento del mixerista, solo grazie alla padronanza sui loro strumenti. L'affiatamento è eccellente, gli stacchi, i cambi di ritmo, le orchestrazioni, i riff, le sovrapposizioni, perfette. Gran concerto!

 

Alla fine di tutto scopriamo che lui è seduto ad un tavolino dove rilascia autografi e vende dischi. Anna ed io ci precipitiamo e io gli chiedo di dedicare il CD ai BlueStyle, spiegandogli che è il nome del nostro gruppo, ma lui mi interrompe brusco dicendo che c'è troppa gente e non può certo star dietro alle richieste di tutti, capito? Poi, contraddicendosi, mi chiede malizioso: 

"Lo sai perché mi chiamano Gatemouth? Se lo vuoi sapere, leggi la mia biografia!" 

"Ho cominciato accompagnando col banjo il violino di mio padre aggiunge mentre ritiriamo i CD firmati ecco perché nella mia musica c'è sempre un po' di hillbilly. Ho inciso il mio primo disco nel '46, con una band di nove elementi. Ho vinto due Grammy con Allright again e One More Mile e mi definiscono una leggenda vivente." Sogghigna: "Non mi sembra un gran complimento! Preferisco pensare a fare dei buoni dischi." Mentre ci allontaniamo, alza l'immancabile pipetta e mi fa con la sua voce roca: "Hey, kid: ce l'hai un po' di tabacco farcito?"

 

Ragazzi: giù il cappello davanti a Mr. Brown!